Sacrificio, elevazione, gioia

... e anche questa quarta psico-gita è terminata! Come avete visto dai post fatti da alcuni partecipanti, possiamo dire che è stata un successo, anche se è stata, come da previsione, piuttosto dura!
Tanto la salita dell'andata, quanto la discesa del ritorno, si sono dimostrate impegnative e non prive di imprevisti; colto di sorpresa dal percorso impegnativo, qualche partecipante ha avuto un momento di panico a causa del quale, purtroppo, una di noi ha desistito, sconfitta dal Salitone della Morte. Il suo coraggio verrà ricompensato, perché in suo onore la prossima psico-gita sarà assai più facile e farò scegliere a lei il tema su cui verrà incentrata.
Ammiro molto, infatti, chi si mette alla prova, specie se lo fa al di là delle proprie capacità, e non mancherò mai di rendergli onore e premio per il suo impegno, al di là del risultato. Nulla ottengono i pavidi e coloro che cercano certezze, se non la schiavitù da chi gliele fornisce; chi vive l'avventura, invece, anche se muore nel corso della stessa, è divenuto un individuo libero, ha riempito la sua mente e il suo cuore, si è reso veramente Uomo o Donna ed è andato avanti verso lo sviluppo del suo potenziale!
E qui arriviamo al tema della nostra avventura di domenica, il sacro. Come ho spiegato nella passeggiata, "sacro" è un termine che anticamente indicava lo spazio alto, chiuso e spesso inaccessibile dove risiedeva la divinità, una dimensione dapprima solo fisica, poi divenuta mentale, simbolica, rituale, culturale, distinta da ciò che è profano, ovvero da tutto quello che resta fuori dal luogo della divinità.
Sacro è il luogo, interiore ed esteriore, dove la persona dà il meglio di sé, ovvero il sacrificio, quella parte di noi e di ciò che è nostro che offriamo alla divinità, privandocene a volte dolorosamente.
E perché? Perché dovremmo privarci di alcunché, addirittura offrirlo a qualcosa o qualcuno che spesso non ha volto né nome, che nemmeno si è certi esista davvero? Perché il sacrificio è un'offerta che ha scopo di mediazione ai fini della costruzione di un contatto, addirittura di un'alleanza, fra ciò che è sacro, divino, e ciò che non lo è. Dunque è un ponte, un mezzo di collegamento fra due diverse realtà dimensionali dove l'importanza del sacrificio è data dall'intenzione, una volontà di sottomettersi a ciò che, per definizione, è migliore del nostro essere ordinario e quotidiano, e dal costo mentale e materiale che l'offerta ha, quindi dalla sofferenza che il sacrificio comporta. Tutto questo al fine di ottenere un ritorno, utile magari a risolverci un problema al di là delle nostre forze, a cambiare il nostro stato mentale, riportandolo in positivo al di là di ogni giustificazione esistenziale, oppure capace di portarci all'illuminazione o alla trascendenza, o ancora a garantirci il benessere futuro, magari un posto privilegiato nell'aldilà o nel mondo che verrà.
Tutti hanno un loro dio, atei e credenti. C'è chi vive la sua fede e adora un Dio trascendente, nascosto o rivelato, chi una o più delle manifestazioni della propria mente, chi il cosmo fisico o metafisico, chi la natura con la sua vita pulsante, chi il proprio corpo, chi la cultura, chi la nazione, chi il nulla che divora ogni cosa... Gli uni pensano che gli altri ovviamente si sbaglino, ma tutti rendono omaggio e sacrificio al loro dio, nella speranza di elevarsi un po' dalle proprie miserie o di raggiungere la grandezza.
Noi di Credendo Vides non facciamo eccezione. Io e Michelangelo abbiamo dèi diversi e incompatibili, concezioni sulla natura delle cose umane che più diverse non si potrebbe, ma abbiamo capito bene entrambi che sacrificare qualcosa ai nostri dèi, meglio ancora tanto, ci porterà al premio più ambito di tutti, cioè lo sviluppo del nostro potenziale ovvero la nostra crescita interiore. Per perseguire tale ricompensa, noi non ci risparmiamo mai.
Per questo ci siamo affaticati per raggiungere un luogo sacro, perché, se gli dèi si trovano ovunque, non dappertutto si può entrare in contatto con loro e con quella parte di noi che ci permette di sentirli dentro e di chiedergli, proficuamente, qualcosa che ci risani e ci elevi.
E tutti quelli che domenica hanno compiuto il faticoso cammino, compresi io e Michelangelo, hanno offerto, consapevolmente o meno, il loro sforzo e il loro super-sforzo a ciò che di sacro hanno trovato alla Cappelletta di San Francesco. In cambio hanno avuto gioia, poiché si sono elevati facendo qualcosa di nuovo e sconosciuto, e attraverso la condivisione amichevole dei momenti della giornata e di un po' di loro stessi, hanno potuto sperimentarla nella sua essenza più profonda. Come ci ha ricordato Cristopher McCandless col suo sacrificio: "La felicità è vera solo se è condivisa".
Credendo, vides.
Un abbraccio a tutti voi e buona notte!
Andrea