Anima mundi
Atto I: Pars destruens
Da una lacunosa preghiera sud-siberiana dei Beltiri per l’“offerta al cielo” da farsi in giugno, al fine di assicurare un buon raccolto ed un’abbondante quantità di latte, risalente a migliaia di anni fa [le spiegazioni fra parentesi quadre sono mie]: “Cielo azzurro, azzurrognolo, säk! Nera terra che ci sostieni, säk! Creatore-che-non-uccide, Qayraqan, säk! I tuoi nastri sono bianchi e azzurri. Un bianco agnello come offerta ti presentiamo, säk! Spirito della pioggia, Qayraqan, concedimi la tua tenera pioggia, säk! säk! Tu che hai dato l’inizio, rinomato, glorificato, Tigir Tayïǧgang [la montagna dove avviene il sacrificio] Qayraqan, säk! Čïlγï Qaraǧang [la montagna dove si tengono le mandrie di cavalli], Qayraqan, säk! Rinomato, glorificato, ricco di curve, Tu [fiume sacro], Qayraqan, säk! Come padre, tu ci nutri, säk! Come madre, tu ci allatti, säk! Propagandoti dalla sommità, rumoreggiando fino alla foce, säk! Con i tuoi vinchi, con i tuoi arbusti rigogliosi, con le tue pietre dagli acuti spigoli, säk! Giunga l’offerta ai monti e ai fiumi, säk! Non siate litigiosi spiriti, säk, säk! Sotto il vostro petto siamo i vostri figli, nei vostri abbracci siamo i rampolli; difendete grandi e piccoli, säk, säk! Un bianco agnellino, come offerta, senza spargimento di sangue presentiamo [ahimè, gli verrà spezzata la schiena], säk! […] La terra in cui siamo nati e cresciuti è il grande Xoryis e il piccolo Xorγïs [monti sacri], säk! Un bianco agnellino, come offerta, nominandoti presentiamo, säk! […] Uomo che cavalchi una bianca lepre [uno spirito a noi sconosciuto], ricevi come offerta un bianco agnellino, säk! […]”
Dal Timeo di Platone, circa 360 a.C., capitolo VI, 30 b-c: “Volendo infatti il dio che tutte le cose fossero buone e nessuna, per quanto possibile, cattiva, prendendo così quanto vi era di visibile e non stava in quiete, ma si muoveva sregolatamente e disordinatamente, dallo stato di disordine lo riportò all'ordine, avendo considerato che l'ordine fosse assolutamente migliore del disordine. Non era lecito e non è possibile all'essere ottimo fare altro se non ciò che è più bello: ragionando, dunque, trovò che dalle cose che sono naturalmente visibili non si sarebbe potuto trarre un tutto privo di intelligenza e che fosse più bello di un tutto provvisto di intelligenza, e che inoltre era impossibile che qualcosa avesse intelligenza e fosse separato dall'anima. In virtù di questo ragionamento, ordinando insieme l'intelligenza nell'anima e l'anima nel corpo, realizzò l'universo in modo che l'opera da lui realizzata fosse la più bella e la migliore per natura. Così, dunque, secondo un ragionamento verosimile, dobbiamo dire che questo mondo è un essere vivente dotato di anima, di intelligenza, e in verità generato grazie alla provvidenza del dio”.
Dalle Enneadi di Plotino, circa 250 d.C., libro IV, capitolo 4, 32: “In primo luogo, vale il presupposto che il tutto è un unico essere vivente che include ogni vivente che è dentro di lui, che è provvisto di una sola Anima estesa a tutte le sue parti, non essendoci alcuna che non sia una sua parte. Tutto ciò che trova posto nel cosmo sensibile è una sua parte, certamente in quanto è un corpo, ma anche perché partecipa dell’Anima del tutto, e anzi è parte proprio nella misura in cui vi partecipa. Sono parti in senso assoluto quelle realtà che partecipano solamente di quest’Anima, mentre non possono ridursi a semplici parti quelli che possiedono anche un’altra Anima e, nondimeno, subiscono influenze da parte degli altri esseri per quello che hanno in comune con l'universo, e nella misura in cui l'hanno. Questa unità è tutta effetto della simpatia, e siccome è un'unità vivente, anche ciò che è distante risulta vicino: così accade in ogni individuo quando unghia, corna o dito o tutto ciò che non è direttamente connesso - e che dunque ha una parte frapposta di per sé non interessata dall’affezione - subiscono influenza pur non essendo vicini. Le parti omogenee, infatti, anche quando non sono a contatto, ma sono separate da altri corpi intermedi, subiscono le stesse affezioni in ragione della loro somiglianza. Ecco quindi, il motivo per cui, necessariamente, un agente non contiguo spinge la sua azione fino a esseri lontani. Così, essendo l’universo un essere vivente concluso nella sua unità, per quanto una realtà sia lontana nello spazio, essa sarà sempre vicina alla natura di questo vivente unitario in ciò che concerne la condivisione delle affezioni. Ora, quando c’è omogeneità con la causa agente, si ha un influsso compatibile, invece, quando l'agente è non omogeneo, l'affezione che il paziente subisce è incompatibile e niente affatto gradevole. Pertanto, non deve sorprenderci il fatto che, pure in un essere vivente unitario, l’azione di una parte sull’altra possa risultare nociva; infatti, anche in noi uomini, in relazione alle nostre attività, una parte può recar danno a un'altra, come ad esempio la bile e l’istinto aggressivo che sembrano deprimere od eccitare altre parti. Parimenti, anche nel tutto si trova qualcosa di simile alla bile e all’aggressività, e cose analoghe ad altre parti del corpo; nei vegetali, addirittura una parte può ostacolare l’altra fino al punto da farla disseccare. Bisogna però dire che l’universo non si lascia solo come un vivente unitario, ma anche come un molteplice, cosicché, in virtù dell’unità, ogni sua parte è mantenuta dal tutto; ma, a causa della molteplicità, le parti, incontrandosi fra di loro, più di una volta si danneggiano a vicenda a motivo della loro diversità. L’una nuoce all’altra per il proprio vantaggio, e perfino si ciba dell’altra, a motivo della differenza e a un tempo della similitudine che hanno. È un principio naturale che ciascuna realtà abbia cura di sé stessa, e che per questo prenda per sé ciò che dell’altra le si addice, e invece distrugga quanto le è estraneo, appunto per amore di sé. Ora, ciascuna parte dell’universo che agisce in tale modo, se ha potuto mettere a frutto le sue azioni, ne ha tratto un guadagno; ma, quella che non era riuscita a reggere l’impeto di questa azione, ha dovuto patire distruzione e danno, come le cose riarse al passaggio dell’incendio, o come gli animali piccoli che sono travolti dalla carica di quelli più grandi o in qualche caso calpestati. La nascita e la morte di tutti questi esseri oppure ogni loro miglioramento o peggioramento contribuiscono ineluttabilmente e secondo un processo naturale a realizzare la vita di quell’essere vivente unitario, dal momento che non era possibile che ciascuno di essi vivesse isolatamente, e che il fine fosse di loro pertinenza o li riguardasse, perché non erano che parti; il fine, invero, concerne quella realtà di cui questi esseri sono parte, dato che, nella loro diversità, essi non possono sempre disporre di tutto ciò che necessario per una vita unitaria. E poi, era impossibile che qualcosa permanesse assolutamente identico se il tutto voleva restar saldo, stabile nel suo movimento”.
1.1. Lo stato del problema
I precedenti tre testi presentati, ovvero una preghiera primitiva, un testo greco precristiano e uno postcristiano egizio-romano, ci proiettano immediatamente nell’argomento di questo lunghissimo post, che è il rapporto fra il mondo spiritico e quello materiale. Un tema che, come illustrerò a seguire, ritengo essere oggi più pregnante che mai, e questa tormentata riflessione mi viene fuori dall’ultima psicogita fatta, come dirò più avanti.
Il primo di questi scritti va collocato in una visione della realtà che concepisce il mondo animato dalla volontà e dai comportamenti degli spiriti, nota come animismo, e questa conoscenza non viene spiegata, ma semplicemente data per vera, cosa che rende l’animismo una concezione dunque religiosa; entro di essa non è esclusa l’idea che esista una divinità creatrice da cui ha origine il tutto, ma certamente questa divinità non è quella che governa il mondo, spesso identificata col Cielo, la quale in ogni caso non si preoccupa in modo particolare di nessuna delle creature sotto di essa.
I successivi testi antichi sviluppano le loro affermazioni partendo da un ragionamento sulla natura del cosmo, come a loro osservabile e comprensibile, e sono perciò a carattere filosofico; prodotti da culture di migliaia di anni successive all’animismo, propongono l’idea che una qualche sorta di mente cosciente sia intrinseca o interfacciata con ogni cosa poiché il mondo avrebbe un’origine spirituale, divina. Il distinguo fra la concezione animista e quella platonica/neoplatonica sta nel fatto che, nella prima, uno spirito esistente in una dimensione immateriale parallela alla nostra anima il vento, ad esempio, il quale, in quanto agito da uno spirito, si comporta in modo intelligente e volitivo. Nella seconda, è il vento stesso in quanto tale ad essere animato, ovvero la naturale azione del vento è la manifestazione materiale di una forza spirituale, e i due aspetti sono inscindibili; quindi, il vento è vivo anche se si comporta come un fenomeno atmosferico che segue leggi fisiche almeno in parte conoscibili.
Gli animisti primitivi non riflettono molto sopra la questione: ci sono gli spiriti, c’è il mondo, gli spiriti muovono il mondo, fattelo andare bene. Gli intellettuali greci vissuti intorno all’epoca di Cristo, secolo più, secolo meno, e che agli spiriti già non ci credono più, a differenza degli altri popoli europei e mediorientali, la mettono giù complicata e danno il via a una questione filosofica di inesauribile profondità. Se il greco Platone mette le basi dell’idea di un universo vivo ordinato da una forza divina, cinquecento anni dopo l’egizio romano Plotino lo sviluppa alla massima potenza possibile, e chiarisce, anche solo nell’estratto riportato sopra della sua opera monumentale, i seguenti concetti: tutto ciò che esiste è partecipe di un tutto coeso, ovvero è la manifestazione di un’azione di una forza divina di cui al contempo definisce la natura; al suo interno, tutto si influenza per contiguità e contagio nel caso di oggetti vicini, in contatto o conglomerati, o se lontani per risonanza morfica, ovvero secondo un criterio di somiglianza intrinseca e affinità fra gli oggetti e le loro classi di appartenenza; entro il creato, quanto esiste e persegue un suo fine intrinseco interagisce, collide, entra in conflitto con ciò che è diverso da sé, ma pure fa parte del tutto, e pure con sé stesso, laddove sia un ente complesso connotato da eterogenesi dei fini; da questo flusso incessante di interazioni, scontri e sollecitazioni, nasce sia il movimento evolutivo di alcuni enti, nonché l’eventuale distruzione di altri, e tutto questo non serve alle cose esistenti nel cosmo, ma alla trasformazione e all’accrescimento, almeno apparente, dell’Uno, che in fondo è l’unica cosa esistente in modo necessario e sussistente e di cui tutte le manifestazioni emanate sono espressioni particolari. Nella concezione plotiniana, infatti, noi non esistiamo davvero come entità autonome, pur possedendo un’“anima particolare”, per usare i suoi termini, ma siamo infinitesime espressioni dell’Uno, l’unico essere esistente, in modo non dissimile alle cellule per il corpo umano, anche se conserviamo una nostra relativa individualità relativa e possiamo aspirare ad avvicinarci alla parte più luminosa della fonte divina attraverso un distacco dalla materia che faccia elevare il nostro spirito (non è escluso che Plotino, oltreché influssi gnostici e cristiani, non ne avesse ricevuti pure di buddisti, anche se mediati da concezioni giudaiche).
Dall’idea animista della realtà, deriva che noi siamo in relazione, in competizione e in conflitto con una pletora di altre entità spirituali visibili e invisibili con le quali dobbiamo condividere il mondo sotto lo sguardo di un Cielo indifferente; da quella neoplatonica consegue che, poiché l’Uno emana aspetti benevoli, aggregativi ed evolutivi nonché la loro negazione, ovvero aspetti malevoli, disintegrativi e stagnanti, allo stato attuale la divinità ha un serio problema di relazione con sé stessa, e noi ce lo becchiamo di conseguenza. In entrambi i casi, non esiste l’idea della Divina Provvidenza com’è intesa nell’Antico Testamento, poiché Platone e Plotino (come più avanti Leibniz) ritenevano tout-court che Dio fosse “buono” perché il mondo era ordinato e “razionale” e dunque tutto accade per un fine ultimo ed è sempre “giusto”, quindi il male non esiste davvero, e tu la devi prendere letteralmente con filosofia. Rispetto a questo ordinato e razionale piano divino, noi individui particolari, uomini e bestie, ci rimettiamo sicuramente, e dobbiamo farci il culo per ricavarci uno spazio esistenziale e per non distruggerci da soli, a causa della nostra natura frammentata, o nell’interazione con gli altri e col mondo; mai potrà esistere piena alleanza e collaborazione nella realtà proprio per la proprietà conflittuale presente nell’Anima del mondo. Se così stanno le cose, speriamo allora, per dirla con le parole dello stoico Crisippo di Soli, che la prossima apocatastasi, ovvero il ritorno all’unità del Logos in seguito all’ecpirosi cosmica alla quale seguirà un suo rinnovato manifestarsi, renda Dio un essere migliore e di conseguenza pure noi e la nostra vita.
Che il dio dietro il mondo manifesto sia un Demiurgo imperfetto, distinto dal Pleroma irraggiungibile, è l’idea centrale delle correnti gnostiche (pure la mia), eresie cristiane che i cattolici hanno estirpato quasi completamente, fisicamente a mezzo spada nella crociata contro gli Albigesi, e culturalmente con l’istituzione della Santa Inquisizione; è pure l’idea di una certa filosofia ottocentesca di cui parlerò meglio a seguire. Non esistono però solo l’animismo, la filosofia greco-romana o lo gnosticismo; altre concezioni religiose vedono l’uomo come realmente autonomo e sussistente anche quando emanato o creato dalla divinità, come in quella egizia, induista, giudaica, cristiana, buddista e islamica (per citare le più rilevanti), ma pure entro di esse il rapporto che il dio instaura con noi appare oltremodo ambiguo, poiché da un lato sembra che cerchi di promuoverci con aiuti, ispirazioni e rivelazioni di ogni sorta, dall’altro di privarci di ogni libertà ponendoci sotto il governo di forze spietate, non ultima l’ineludibile meccanismo di retribuzione karmica e in generale del fato e della predestinazione. In tutte queste concezioni l’uomo deve aprirsi la sua strada verso una luminosa meta finale attraverso strumenti magici, filosofici e comportamentali, ma la sua debolezza o ignoranza, oltreché l’eccesso di ambizione o la fretta, lo porteranno sempre a ricadere; la salvezza finale è per pochi e sempre a costo di grandi sacrifici.
Per rassicurare quelli che si turbano di fronte a questo scenario esistenziale intriso di titanismo, che vede in pratica l’uomo dover necessariamente sfidare Dio per salvarsi dalla prigione terrena (parrocchiani non vi turbate, osanna eh osanna eh vi tirerà un po’ su, e anche voi buddinduisti, due mantra coi cimbali e passa tutto), ricordo che esistono altri modi di vedere la faccenda. Il mazdeismo di Zoroastro, probabilmente la religione più antica del mondo, coeva o antecedente i testi vedici, spiega che il male sì esiste, ma è voluto da Dio per permettere all’uomo una libertà di scelta fra due percorsi di vita, uno che mira al potere e al godimento terreno ottenuti con la sopraffazione del prossimo e della natura al prezzo di tormenti infernali post-mortem, e un altro che punta a gioie paradisiache nell’aldilà conseguenti uno stile di vita sacrificato anelante alla purezza; alla fine dei tempi, qualsiasi strada una persona abbia scelto, il paradiso e l’inferno collasseranno e tutti vivranno nella luce divina (chi proviene dagli inferi dovrà però passare sotto una doccia di bronzo fuso). Insomma, ognuno se la racconta un po’ come vuole, però tutti sono d’accordo che alla fine dietro le quinte succede quello che Dio manifesta, decide o permette, con o senza spiriti a fare da suoi intermediari o che competono con noi per arrivare al dominio sul mondo.
Oltre ad illustrare la tormentata natura divina, che peraltro manco è l’oggetto di speculazione di questo post e dunque finora mi sono perso in chiacchiere, le illuminate parole di Plotino, quando parla del conflitto fra le manifestazioni divine fra cui noi comuni mortali, mi spiegano come mai io, uno della schiera dei pneumatici (per usare i termini del filosofo egizio Valentino, vissuto un secolo dopo Cristo), ovvero quegli esseri consapevoli della loro natura di spiriti immortali predestinati alla salvezza, perché destinatari del “pneuma” o scintilla divina, debba coesistere nel mondo con gli ilici, individui gretti mossi da materialistico egoismo opportunista, le cui manifestazioni nella vita pubblica tanto deprimono me quanto le mie scandalizzano loro, e che non trovano né sul loro telefono né nel loro televisore una spiegazione a quello che facciamo e diciamo io e i miei consimili. Fra pneumatici e ilici si collocano gli psichici, ovvero quegli ilici che possono elevarsi a pneumatici se adeguatamente stimolati, ed io mi faccio il mazzo ogni giorno per sollecitare l’illuminazione del maggior numero possibile di loro tramite attività pubbliche come psicogite e corsi e la mia pratica professionale. Fatto sta, alla fine della fiera ne consegue che non ho molte persone con le quali condividere le mie riflessioni e perplessità esistenziali (di pneumatici se ne trovano pochi), ma ciò è giusto, ché se qualcuno dicesse a me quello che vorrei dire a loro io penserei “Madonna che palle, ma che problemi ha questo? Non si può semplificare la vita? Poi quant’è polemico…”. E quindi una volta l’anno scrivo questi post, e chi vuole se li legge, sennò ciccia ar culo!
Entrando finalmente nel vivo dell’argomento da cui tutto questo pippone ha origine, un paio di settimane addietro ho fatto una psicogita sullo sciamanesimo europeo ante Cristo (in realtà più che altro su quello siberiano, ma tanto erano simili, pure a quelli post Cristo peraltro) nella quale ho cercato di riprodurre, a mo’ di antropologia sperimentale, ciò che facevano gli sciamani (che all’epoca manco si chiamavano così) all’interno di certe pratiche rituali e tradizionali, ovvero l’ascensione al Cielo dopo aver evocato qualche spirito inferiore, seguita poi dall’invocazione dei Signori degli Animali affinché dessero consiglio alle persone, anch’esse trasmutate immaginariamente in forma spiritica animale, per concludere infine con un esorcismo di guarigione applicato su una partecipante. Se vi chiedete dove stanno gli abbracci di gruppo il ballo a cazzo e il canto spontaneo fatto ancora più a cazzo tutti insieme appassionatamente, beh devo tristemente informarvi che se gli antichi avessero visto qualcuno fare cose simili avrebbero cercato di esorcizzarlo e, se non fossero riusciti a farlo smettere, sarebbe stato esiliato dalla tribù per essere divorato dalle fiere o finito impalato o sepolto vivo, quindi questa roba non l’ho fatta, perché da piccolo antropologo dilettante avevo fatto il più possibile per riprodurre tutto in modo appropriato. Aldilà delle formule che avevo imparato, avevo gli ingredienti magici vegetali e minerali e pure il braciere per la fiamma e le fumigazioni; non avendo però il cuore di sacrificare animali e comunque sgozzare un cavallo sarebbe stato complicato, tenevo con me qualche frammento di carne di agnello macellato in modo halal e di equino presa dal Carrefour (non ho saputo trovare di meglio). Da me medesimo con materiali naturali avevo realizzato il costume rituale da sciamano-uccello che indossavo, e suonavo un vero tamburo creato e usato qualche decennio fa da un guruwa nepalese (di nuovo non avrei saputo trovare niente di più adatto nel breve tempo a disposizione per organizzare il tutto). L’ingrediente essenziale per fare lo sciamano, ovvero il contatto col mondo dello spirito in uno stato mentale dissociativo costante, ce l’ho fin da ragazzo e non avevo bisogno di procurarmelo.
Ora, gli ilici che stanno leggendo questo testo (in realtà nessuno, non avrebbero mai superato la barriera postagli già dall’estratto di Plotino), staranno facendo sogghigni imbarazzati e malevoli, pensando a quanto io sia sciocco ad interessarmi di queste cose, ché tanto non esiste niente del genere, glielo dice la scuola e la tivvù e ad alcuni pure il parroco, lo stesso che gli spiega che Gesù è una figura retorica. Per quanto mi riguarda, Più passa il tempo e accumulo esperienza di vita, più invece penso sia vero il contrario, ovvero che gli antichi avevano capito tutto della natura delle cose e che noi moderni siamo più persi e confusi di un pesce rosso in una boccia di vetro. E non parlo così per cazzeggiare; l’altro giorno ho calcolato, con una stima al ribasso, che al momento attuale in quarantasei anni di vita e diciannove di lavoro ho accumulato quarantaseimila (dico: 46.000!) ore fra colloqui clinici e interventi formativi vari, cui si aggiungono circa ventunomila (21.000!) ore di studio e approfondimento delle discipline riguardanti la mente, il comportamento e la società. Avendo peraltro un’intelligenza non indifferente (diciamolo pure, mi sento un fottuto genio relativamente ai miei pochissimi interessi culturali), ritengo di aver acquisito abbastanza informazioni da poter formulare asserzioni conclusive sulla natura umana, il senso della vita e la psiche le quali, guarda un po’, coincidono per sommi capi sia con gli assunti dell’animismo, sia con il pensiero di uno studioso assai più capace di me, il filosofo prussiano Arthur Schopenhauer.
1.2. Una prigione di menzogne
Schopenhauer, un malmostoso e schivo pensatore ottocentesco, affermava che il mondo è la manifestazione di un essere divino la cui qualità centrale è il vuoto, e la cui volontà si rivela nel dare vita a idee, categorie dell’essere, che si esprimono in manifestazioni molteplici (alla Plotino) non perseguendo alcuno scopo, nella sua azione ricorsiva, se non quello di sperimentare il suo manifestarsi e al contempo (sì, il velo di Maya che hai studiato alle scuole superiori) nascondersi alla comprensione umana. A quei poveri pensatori che ricercano la verità rimane allora solo la possibilità di rappresentarsi soggettivamente il cosmo secondo le loro limitate possibilità, essenzialmente espresse nella conoscenza e nell’arte, ritrovandosi così intrappolati in un orizzonte di dolore, conseguenza ineludibile e perpetua della frustrazione dei propri desideri di auto-preservazione e trascendenza, dai quali l’unica fuga possibile sarebbe un distacco ascetico all’orientale, in realtà irrealizzabile, che liberi l’individuo dalla brama di vivere, al fine di superare questa esistenza e le incessanti reincarnazioni nel nostro mondo, per finire chissà dove dopo l’ennesima dipartita. Pessimismo a parte, prima dell’avvento del pensiero fenomenologico Schopenhauer aveva colto la natura essenziale della realtà, ovvero che essa non può essere conosciuta, ma solo rappresentata in modi connessi all’esperienza personale e al contesto culturale di appartenenza e che, dietro le molteplici manifestazioni, il tempo e la Storia si ripetono sempre uguali, senza alcuna evoluzione del cosmo. In Schopenhauer, Dio esprime una natura irrazionale apparentemente priva di senso, divenendo quell’Abisso notturno da cui tutto emerge caoticamente, così ricollegandosi al primo elemento della più antica forma religiosa astratta che conosciamo, l’Ogdoade egizia adorata in Ermopoli quattromila anni fa, un cosmico fiume oceanico nel quale l’anima umana deve tenersi a galla per cercare, aiutata e ostacolata da esseri spirituali che animano il mondo, un po’ di luce che la illumini (osanna eh osanna a Cristo signor, om bhur bhuvah svaha, tat savitur varenyam).
Se Schopenhauer e le religioni orientali, come il primo cristianesimo, sperano di uscire dalla prigione del mondo attraverso la pratica ascetica, i primitivi indoeuropei non si pongono proprio la questione perché, dicevano loro, quando muori vai nel “mondo delle ombre”, dove di giorno è notte e d’inverno è estate, e ritengono invece pregnante la questione su come arrivare a fine giornata, che certo non avevano il problema dell’ascetismo dato che era già tanto se mangiavano. Come detto, credevano che il mondo fosse animato da una pletora di spiriti che sottostavano ai fenomeni della natura e a quelli fisici e pure a quelli psichici e sociali degli umani, determinandoli. Le entità trascendenti appartengono ad altre dimensioni, nello specifico un “mondo di sopra” costituito da molteplici cieli (fra cui il mondo delle ombre dimora delle anime dei morti) e un “mondo di sotto” articolato in una decina di oscuri gironi; questi luoghi sovrannaturali, a loro modo corporei essi stessi, interagiscono direttamente o per tramite dei loro abitanti con il mondo materiale, e diviene inutile tentare di controllare la realtà con mezzi umani, che al massimo risolvono le faccende quotidiane più semplici. Nella visione animista, ogni evento del mondo sensibile (ad esempio la caduta di una foglia, un terremoto, la digestione dei cibi, la nascita di un figlio, una vittoria in battaglia) è manifestazione dell’azione di una o più anime sottostanti, e pure i prodotti dell’Io interiore non sono considerati aventi origine nell’individuo cui appartengono, ma sempre sono emessi da altre intelligenze, sicché l’innamoramento come la fantasia o la volontà sono effetti di impulsi emessi da entità animiche estranee, considerate benevoli quando promuovono il benessere della persona, malevoli quando creano ad essa nocumento. Mai nessun primitivo direbbe: “ho messo le corna a mia moglie”, bensì: “uno spirito mi ha fatto mettere le corna a mia moglie”, né direbbe: “la siccità ha compromesso il raccolto”, ma: “il demone della siccità si è accanito su di noi perché non abbiano officiato i riti per placarlo”. Nel silenzio delle divinità, l’unico strumento dell’uomo primitivo per proteggersi e promuoversi era la magia sciamanica, che regolava il rapporto della persona con gli spiriti e li costringeva a sottomettersi temporaneamente e a collaborare per poter risolvere problemi concreti con mezzi soprannaturali, dato che la volontà umana era inutile, una volta esaurita l’azione del repertorio di strumenti naturali e artificiali a sua disposizione.
Due posizioni quindi quasi opposte, quelle dell’animismo e del neoplatonismo in versione pessimistica di Schopenhauer: la prima, infatti, rinuncia a monte alla trascendenza e all’elevazione e cerca di piegare alle necessità umane un mondo animato; la seconda, al contrario, rinuncia a spendersi per la risoluzione delle problematiche terrene per dedicarsi completamente alla fuga dalla realtà. Chi delle due ha ragione? Qual è la strada che il saggio deve perseguire per trovare una felicità possibile o almeno la pace interiore? Cercheremo di capirlo andando avanti.
Nell’Italia contemporanea, intanto, quel disgraziato Paese nel quale sono nato e cresciuto, parte dell’illuminato mondo occidentale che gli Avengers chiamano “il loro giardino” e da essi soggiogato per renderlo teatro di guerra conto terzi e meta turistica, nei massimi livelli formativi possibili della specializzazione post-laurea mi è stato insegnato che le persone agiscono per effetto di schemi cognitivi, appresi e sviluppati semi-autonomamente all’interno delle relazioni in cui sono vissute, e che la mente è un epifenomeno dell’attività del sistema nervoso, generata dall’espressione genica specie-specifica. Qualche anno prima, nelle scuole superiori, mi avevano anche insegnato che la materia è fatta di minuscole pallette rotanti, che nell’Europa medievale c’erano vassalli, valvassori e valvassini e altre varie amenità, fra cui peraltro che gli spiriti non esistono, al massimo sono una credenza religiosa, informazione confermatami pure all’università cattolica dove un professore-prete, alla mia domanda se non dovevamo pregare qualche santo per rianimare le piante nel suo studio, rispose scrollando le spalle: “se ci credi fai pure”. Ed io, coglione, prendevo un po’ tutto per buono perché sentivo parole complicate quindi era “robba seria” e in più, nella dottrina psicologica, questi lemmi altisonanti si accompagnavano a strampalati anglicismi, e a tutti noi hanno insegnato che la lingua degli Avengers non può che declamare verità assolute e poi usarla fa figo, vedi il celeberrimo brano di Renato Carosone a riguardo, soprattutto se hai una cultura letteraria di livello Instagram, che poi corrisponde a quella del laureato medio. Qualche anno dopo, diventato grande, nei libri divulgativi di fisica quantistica ho letto che la materia non è fatta di pallette, ma di altre cose al confine fra materia ed energia che nessuno sa bene cosa sono, e su Facebook, più esattamente da Feudalesimo e Libertà, ho imparato che il medioevo la piramide governativa di cui sopra praticamente non l’ha mai vista. Tali acquisizioni sconvolgenti, insieme a molte altre, si accompagnavano a dubbi già formulati da me medesimo, quali: “Qualcuno ha mai visto uno schema cognitivo? E la mente? Ma pure la forza di gravità, per parlare di cose terra terra, non i suoi effetti, bensì la forza in quanto tale, qualcuno l’ha mai vista? Ma poi serve a qualcosa concepire il mondo in termini così astratti?”. Insomma, alla fine, fra risatine imbarazzate, supercazzole farfugliate e sguardi distolti, studiosi e professori sono costretti ad ammettere che di certo e reale in fondo nelle loro conoscenze non c’è nulla, sono solo modelli concettuali astratti e semplificazioni approssimative che hanno un potere esplicativo mediocre e predittivo bassissimo, ovvero sono rappresentazioni mentali di natura culturale che invecchiano male e scadono, nella migliore delle ipotesi, dopo qualche decennio. Il falsificazionismo di Imre Lakatos, peraltro alla base di questo post, spiega infatti come il progresso della conoscenza sia dato da una competizione fra sistemi di teorie, nella quale vincono quelli con maggiore contenuto empirico, che spiegano perché altre teorie fallaci hanno incontrato il consenso degli scienziati, e costituiti da affermazioni maggiormente corroborate dall’esperienza quotidiana.
A titolo d’esempio, ricordo a tutti che i colonizzatori europei che dal quindicesimo secolo in poi hanno fatto diventare “il loro giardino” interi altri continenti, ne hanno sterminato e deportato le popolazioni perché i loro sapienti, perlopiù religiosi cristiani, li pensavano come animali privi di mente e di anima e a tutti andava benissimo così, era considerata una mera constatazione della natura delle cose. Oppure che alcuni secoli dopo la scienza moderna, nell’Italia del 1938, ha prodotto quel Manifesto della Razza applaudito da tutti gli intellettuali dell’epoca e che ha dato vita a filoni di ricerca che oggi suscitano l’orrore degli accademici woke, nonostante i dati a suo favore non siano inesistenti, ma in ogni caso attualmente rifiutati per motivi ideologici. E come dimenticare poi un’altra perla di scienza pura, proclamata da un politico che aveva dietro di lui importantissime istituzioni sanitarie, che ha ricevuto dagli accademici governativi e da quelli prezzolati dal sistema novanta minuti di applausi: “Non ti vaccini, ti ammali e muori, oppure fai morire”, scontratasi molto presto contro l’amara verità che ‘sti cazzo di no-vax non solo non morivano, ma lo facevano meno degli altri? Senza creare ulteriore imbarazzo in quei lettori che magari stanno tentando nella loro mente di salvare l’insalvabile, ricordo che questo relativismo scientifico e culturale è assolutamente normale; basti pensare che gli antichi, almeno fino a qualche secolo prima di Cristo, nemmeno concepivano il colore blu e dunque la loro percezione del mondo era concettualmente alterata; loro però non lo sapevano, di conseguenza non si creavano problemi e descrivevano la realtà in cui vivevano in base alle conoscenze e alle fantasie che si creavano. Analogamente facevano gli animisti primitivi e così fanno le genti moderne oggi, solo che queste ultime si sentono più intelligenti perché hanno lo smartphone e sono arrivati dopo quegli altri, dimenticando costoro che pure il medioevo più oscuro era venuto dopo la luminosa epoca classica e che oggi non saprebbero costruire una casa che regga dieci anni, mentre quelli di prima hanno costruito le piramidi e il tempio di Baalbek, ma anche solo case le cui fondamenta sono ancora in piedi dopo millenni. I moderni, poveretti, dimostrano la loro stupidità e limitatezza proprio per la loro ignoranza del passato, che pure era pieno di imbecilli, ma almeno non mancavano menti geniali e innovazioni di ogni genere, ormai sempre più rare.
Con buona pace dei semicolti odierni, forze fisiche, schemi cognitivi, io pensante, ossessioni e ideazioni suicidarie, possono essere identificati come esempi di una nuova nomenclatura per identificare gli spiriti che governano il mondo e il corpo umano, e che animano e parassitano le persone in vario grado. Una persona davvero istruita che ha superato e dimenticato le sciocchezze propagandistiche imparate a scuola non può che descrivere il mondo fisico, la materia biologica e la psiche, come approfondirò a seguire, come manifestazioni su più livelli di un’unica regione informazionale immanente e trascendente, articolata in campi annidati e gerarchizzati di forze; insomma, le idee divine e le loro molteplici manifestazioni, fra cui spiriti vari, ovvero energie dotate di intenzionalità. E insisto: l’idea animista che il mondo e le persone siano determinate dalle dimensioni sovrannaturali è davvero irrazionale? Il pensiero gnostico, che vede il mondo e la vita come ingannevoli prigioni per le anime incapaci di sganciarsi dall’apparenza, è una fantasia altrettanto irrazionale? Certo, risponde l’ilico, oggi siamo moderni, abbiamo la scienza e la tecnologia e il governo e gli Avengers che ci dicono come stanno le cose, mica siamo più primitivi senza cervello! E andiamolo allora a vedere questo robusto sistema di credenze, moderne e razionali, che infervora e inorgoglisce i nostri ilici autocompiaciuti, i quali sono realmente ignari del profondo stato di irrazionalità in cui versa il mondo odierno e che nulla ha da invidiare ai periodi più bui della Storia, figuriamoci a quelli in cui l’animismo descriveva la realtà. L’epoca in cui viviamo, infatti, è un’era nella quale anche persone istruite (si fa per dire) sono intrise di credenze assurde diventate l’ossatura di una visione favolistica del mondo e, ciò nonostante, ritenuta vera dalla massa. Riporto alcune delle perle migliori fra le credenze che riempiono la mente del popolino accorpandole nell’autodafé di un suo rappresentante immaginario:
“La medicina è una scienza e si occupa della salute delle persone giammai del profitto di aziende sanitarie e case farmaceutiche e io credo nella scienza bisogna avere fede in essa lo dicono i televirologi e di loro non puoi dubitare tengono pure il camice in tivvù, le pandemie para-influenzali vengono dai pipistrelli e dai pangolini cinesi che cazzo si magnano questi comunque si risolvono con il fascismo e la modifica del DNA, giovani e atleti muoiono improvvisamente perché hanno mangiato una pizza di troppo perché c’è stato il cambio dell’ora per ecoansia e per il riscaldamento globale mai avvenuto dai tempi dei dinosauri, ed ora ce lo becchiamo per colpa delle automobili usate dai poveri e delle scuregge delle vacche e ogni anno da secoli è l’estate più calda del millennio anche la mappa del meteo è tutta rossa pure la Terra gira diversa per questo, ci salverà sostituire la benzina con batterie al litio ecologico le coltivazioni nei campi con distese di pannelli solari i boschi con pale eoliche e spruzzare in cielo un po’ di condensa per raffreddare questo sole cattivo niente a che vedere con le paranoie de ‘sti no-vax quanto so’ ignoranti, poi serve corrente per le antenne 5G che ci portano film e videogiochi in UltraHD sul telefono e fanno funzionare gli occhiali a realtà aumentata che mi indicano la strada dal supermercato sotto casa al mio frigo mi dicono pure quante calorie devo mangiare è per questo che le stanno mettendo, pure se muoiono gli insetti poi chissà perché boh le piante tanto le impollineranno i venti eppoi la natura mi fa impressione nei boschi non c’è nemmeno il wifi, speriamo sparino agli orsi che mia moglie vuole andare in vacanza in Trentino voglio stare tranquillo, io sono pure allergico per colpa dei pollini e gli insetti li mangio tritati negli snack mica servono ad altro però mi fanno impressione dal vivo, comunque dobbiamo sostituire la carne per questo vengono i tumori è il male del secolo anche lo stress ma meno speriamo arrivi presto il farmaco genico per curarli, che meraviglia il progresso la tecnologia già negli anni ’70 gli Avengers facevano Terra-Luna-Terra con tute raffreddate ad acqua e astronavi guidate da un Commodore Vic20 sigillate col Domopak che manco coll’autobus bei tempi peccato aver perso la tecnologia non avere più i soldi per rifare le astronavi ma tanto presto ci torniamo bisogna stare al passo, come una Smemoranda i compiti ce li dà l’agenda 2030 non avremo niente e saremo felici tutto a noleggio e tutto a debito questa è la vera libertà già mi sento meglio vivo proprio così senza affaticare la testa poi leggere fa male agli occhi ci sono gli esperti del governo e gli ospiti di Fazio della tivvù che sanno tutto, io dò retta a loro a me non la si fa lascio fare agli esperti pure se ho preso una laurea è stato facile studiando sulle slides e con gli esami a crocette e le videolezioni perché i libri sono roba da mio nonno non c’è tempo da perdere bisogna godersi la vita, sono pure socialmente impegnato includo i diversi usando la schwa e gli asterischi e scrivo avvocata e pediatro, capisco di politica giornali e tivvù dicono che i governanti di destra sono sovranisti quelli di sinistra difendono il sociale e l’importante è andare a votare perché alla fine tutti fanno gli interessi del cittadino, l’Europa è come una mamma non bisogna disturbare il manovratore non rompessero le palle ‘sti pezzenti che vogliono diritti-casa-lavoro-scuola-sanità-libera informazione, se non arrivi a fine mese è perché non hai imparato l’inglese non ti sei laureato in Servaggio Aziendale Inclusivo ed Ecosostenibile e non sei al lavoro giorno-notte-sabato-domenica-Natale-Ferragosto per le società d’investimento estere o quello che sono ti fanno prendere prestiti e mutui quindi va bene poi se non sei uno studiato puoi comunque muovere i pacchi di Amazon ecchediamine peggio per te che non capisci la vita, a me invece fanno da sempre contratti a progetto così mi rinnovo sono padrone del mio tempo libero la mia creatività poi aspetto il concorsone primo o poi lo passo, e i soldi che guadagno li dò alla mia amica banca che li investe per me che vuole rendermi più ricco pago pure tutto cashless che fa figo è il futuro e ogni mille transazioni mi regalano i biglietti per il cinema, mi piacciono i ricchi portano lavoro li seguo pure sui social sono simpatici benefattori se non sono russi sennò sono cattivi oligarchi hanno pure yatch e jet privati green ogni tanto si mettono il costume da massoni così per ridere meno male che c’è santo Klaus è un filantropo, come la NATO che porta la pace del mondo e l’Europa vuole la pace come la NATO e il bene dei suoi cittadini e si batte per difendere il paese baluardo delle libertà civili c’è un aggredito e un aggressore come fai ad avercela con gli Avengers che ci hanno dato il cinema la cioccolata e i fast food io mangio sempre da McDonald è economico e salutare, ho anche studiato storia su YouTube c’è stato Auschwitz quindi quello che fanno i giudei è giusto ti pare che l’esercito più morale del mondo fa male a qualcuno anzi di peggio devono fa, le foto dei bambini morti sono tutte finte le mette in giro Putin troppo buoni fino a mo’ co’ ‘sti arabi e ‘sti russi che sparano razzi manco fosse capodanno, però se scoppia davvero la guerra e finiscono queste missioni di pace sto tranquillo che l’Italia è piena di basi degli Avengers per la nostra sicurezza salveranno il mondo ci hanno già liberato nel ’45 e oggi ci metteranno in salvo noi che siamo i buoni, facciamo pure la raccolta differenziata e le giornate mondiali della gioventù viva il Papa che ci porta la Pachamama e poi che palle questo Gesù meno male che non ne parla mai mi ha sempre fatto impressione così appeso pure se vado in chiesa solo a Pasqua e Natale per mia moglie io so’ diventato buddista c’ho pure l’altarino con tutti gli accessori comprati su Amazon c’ho messo anche il gatto portasoldi pare che Buddha quasi li caga se fai i mantra, imparassero ‘sti pacifisti scemi che la guerra è pace dimenticare è ricordare il controllo è libertà Alexa cosa devo pensare no anzi chiedo a ChatGPT così mi informo meglio se non ci fossero i factcheckers i social andrebbero chiusi lo sanno tutti che i russi combattono con le pale e presto vinceremo e menomale che sennò questi arrivano fino a Lisbona, per fortuna che i poeti che vogliono la pace sparano ai nemici del popolo ‘sti complottisti fascisti di ultradestra vanno ammazzati da piccoli pure la tivvù dice che non è reato però non mi sporco le mani i bambini sono pieni di malattie più inoculazioni gli devono fare dodici so’ poche ne hanno bisogno sono sempre malati poi sono tutti autistici e mezzi strani spero faranno un farmaco genico pure per quello, se incontro un novax complottista negazionista climatico terrapiattista mi metto pure la mascherina che ho sempre appresso mica sono benedetti come me che cinque volte me so’ fatto un selfie con mascherina pollice alzato e faccia sorridente mentre mi scopro il bicipite manco i tamponi si fanno ma dico io dove andremo a finire mettono in giro le varianti così torniamo ai lockdown lo so bene io che ho preso sei volte il virus e da poco sono diventato pure un fragile immunodepresso prima non lo ero tutta colpa loro non so se muoiono ma sicuramente fanno morire gli altri, uno psicologo ha scritto un libro che dice che i complottisti novax vogliono solo sentirsi importanti l’ho letto in un post mica leggo libri io e in un altro Freud diceva che i chirurghi sono sadici e gli uomini di potere sono omosessuali è qualcosa che ha che fare col sedere e con la cacca ma non sono un esperto quante ne sanno ‘sti psicologi, poi quelli che pensano diverso mi fanno stressare mi prendo un antidepressivo e un ansiolitico così non ci penso più ora anche in famiglia ci vivo meglio infatti quando mia moglie mi urla non la sento sarà anche la canna che si fuma mio figlio dice che lo aiuta a pensare speriamo perché sta facendo una scuola professionale serale tanto con la cultura non si mangia lo ha detto Tremonti e pure Obama poi sennò si stanca troppo la mattina deve dormire e poi fa MMA e mena tutti fa bene speriamo pure un po’ di immigrati sono una piaga mannaggia a me che vado a pensare non sono abbastanza inclusivo sto troppo teso ho fiducia che la canna la legalizzano presto lo dice anche il mio psichiatra che fa bene, ora mi metto un po’ su Facebook a insultare qualche novax con uno pseudonimo poi su Instagram a vedere foto di culi e di macchine e i profili della Maggica poi su TikTok per ridere di cose stupide tanto non parlo più con nessuno i figli non li vedo mai pure mia moglie sta davanti Temptation Island e ai reality tutte le sere ma abbiamo il gruppo famiglia su WhatsApp facciamo i viaggi all’estero postiamo tutto sui social felici e sorridenti, qualche volta però non ho capito se sono il genitore uno o due se sono uom* allora sicuramente il due non voglio essere un patriarca scusa Giulia meno male che c’è Sanremo mi mancano i Ferragnez speriamo che tornano presto insieme, seguo solo la Roma ma ho visto l’inizio delle Olimpiadi bello speriamo che anche mio figlio un giorno si veste da donn* balla su un tavolo e finisce in tv lecca un crocifisso poi diventa influencer come la sorella che sta su Onlyfans e io faccio finta di niente è emancipata sono contento guadagna senza lavorare mentre mio figlio non ha talento abbastanza per fare tipo una canzone bella come Sesso e Samba così profonda insegna pure la vita, dicevo se mio figlio fa la donn* può fare soldi pure lui se ci crede abbastanza magari può pure fare la boxe femminile così vince facile a menare le donn* scusa Giulia ma sarei proprio un padre orgoglioso”.
Eccolo qua, il nostro uomo razionale ben inserito nella società che non crede agli spiriti perché ha studiato, a lui non la si fa, crede nella scienza e negli esperti, e i suoi figli sono ancora più aderenti di lui a questo meraviglioso mondo culturale che è il loro vero genitore e educatore. Nel manifesto del programma para-massonico della Fabian Society, il romanzo “1984”, George Orwell descrisse nel ’49 le masse popolari, ovvero gli ilici del suo racconto, chiamandole “prolet” in riferimento al proletariato cui appartenevano: “Il lavoro pesante, la cura della casa e dei bambini, le futili beghe coi vicini, il cinema, il calcio, la birra e soprattutto le scommesse, limitavano il loro orizzonte. Tenerli sotto controllo non era difficile. Agenti della Psicopolizia s’infiltravano fra loro, diffondendo false notizie e individuando, per poi eliminarli, quei pochi che davano l’impressione di poter diventare pericolosi. Non si faceva nulla, però, per inculcare loro l’ideologia del Partito. Non era auspicabile che i prolet avessero forti sentimenti politici. Da loro non si richiedeva altro che un po’ di patriottismo primitivo al quale poter fare appello tutte le volte in cui era necessario fargli accettare un prolungamento dell’orario di lavoro o diminuire le razioni di qualcosa. Perfino quando in mezzo a loro serpeggiava il malcontento (il che, talvolta, pure accadeva), questo scontento non aveva sbocchi perché, privi com’erano di una visione generale dei fatti, finivano per convogliarlo su rivendicazioni assolutamente secondarie. Non riuscivano mai ad avere consapevolezza dei problemi più grandi”. Descrizione incredibilmente attagliata al ritratto dell’ilico standard fatto sopra; una mente semplice deve avere qualcosa di altrettanto facile ad animarla, dunque niente concetti complessi, niente filosofie intricate, nessuno sforzo mentale, ma una distrazione continua, una manciata di sciocchezze capaci di evocare un po’ di senso di appartenenza, molta paura associata a possibili scostamenti dalla linea imposta dal padrone e il gioco è fatto, i prolet/ilici saranno eternamente schiavi e feroci difensori della catena che li lega. Quando infatti gli ilici dicono le cazzate riportate sopra, e molte altre, lo fanno con sguardo vacuo, poiché nella loro mente devono recuperare il condizionamento subito ascoltando un televisore immaginario o leggendo la pagina di Open o di Repubblica che hanno eideticamente memorizzato, e anche se il loro sguardo è perso nel vuoto ti guardano dall’alto in basso tronfi e contenti e soprattutto privi di senso del ridicolo, perché si sentono bravi cittadini o meglio bravi bambini di fronte al papà patriarca governativo, severo ma giusto, che li educa ogni giorno. Tutto questo li renderebbe fantastici se non fossero invece spaventosi, pronti a uccidere e morire a comando quando il Grande Fratello darà loro l’ordine giusto. Ce lo insegnano infatti gli Hutu che, nel cristianissimo Ruanda, condizionati per anni dai media e dalle forze politiche dominanti, iniziarono il genocidio dei loro compaesani dopo aver ricevuto dalla radio governativa l’invito da parte di un noto e carismatico speaker locale, un influencer diremmo oggi, a seviziare e a uccidere gli "scarafaggi" Tutsi, colpevoli solamente di essere colti e moderati e di avere lontane ascendenze aristocratiche.
1.3. L’origine del male
Il delirio cognitivo collettivo sopra descritto ha come padre morale Friedrich Hegel e il suo idealismo, il quale ci ha insegnato che le idee, quando formulate secondo una procedura dialettica nella quale a un’affermazione segue prima una sua negazione, quindi la sintesi delle due asserzioni, operazione che questi considera razionale, divengono specchio necessario della realtà; il cosmo è da Hegel inteso come un Assoluto in divenire ordinato e positivo che ha portato l’uomo nell’età della ragione (infatti si vede, come no). L’onore della prova e della dimostrazione o semplicemente il dato sensibile non sono più necessari per giustificare la veridicità di un’idea; basta una formulazione dialettica del concetto affinché divenga capace di descrivere la realtà associata. Per Hegel il sapere deve essere normativo, e dunque bisogna conformare ad esso la vita delle persone, ovvero è opportuno che le genti non siano libere, ma guidate verso il bene collettivo, e proprio per evitare il caos diviene necessario che lo Stato, l’unico soggetto etico nel consesso umano, sia eletto a giudice e moderatore delle idee, consultandosi eventualmente per le sue decisioni con esperti e tecnici di varia sorta, perché si proceda speditamente verso il progresso iniziato dalla rivoluzione industriale.
Di fronte a quanto detto, non a caso il mio amico Schopenhauer definiva Hegel “un ciarlatano di mente ottusa, insipido, nauseabondo, illetterato, che raggiunse il colmo dell'audacia scarabocchiando e scodellando i più pazzi e mistificati nonsensi” e sosteneva che se si volesse istupidire un giovane basterebbe fargli leggere le opere di Hegel per renderlo inetto a pensare, manco fosse uno Sfera Ebbasta qualsiasi (per contro Hegel definiva Schopenhauer “ripugnante e ignorante”, manco fosse uno Sfera Ebbasta qualsiasi). Pure Karl Popper ha definito Hegel “profeta del Totalitarismo” oltreché disonesto intellettualmente; Popper, infatti, ha chiarito nel suo lavoro di revisione critica al processo della conoscenza scientifica come le affermazioni prive del criterio di falsificabilità siano forme di propaganda e non di scienza (come ogni affermazione oggi prodotta a livello istituzionale nel mondo occidentale); la scienza stessa, ammesso che sia possibile davvero applicarla al mondo reale, è una forma limitata di conoscenza, non solo incapace di rispondere alle questioni di fondo dell’umanità, ma anche di risolverne in modo realmente efficace e fruibile da tutti le problematiche quotidiane. Per Popper la procedura dialettica di Hegel si sottraeva al principio di non contraddizione e in ultimo al confronto con il dato di realtà, e quindi la sua epistemologia avrebbe dovuto essere rifiutata; e invece prospera serenamente, poiché agli ilici non importa che le idee aderiscano alla realtà, basta che gli creino un mondo gestibile e dal quale si sentano protetti e guidati. Questa disconnessione della conoscenza dalla realtà in verità era già iniziata con Immanuel Kant, che in pratica riteneva inesistente ciò che lui non riusciva a pensare, ma con Hegel l’immaginario viene eretto a sistema. Il suo pensiero oggi regola la nostra vita, nonostante i più non sappiano nemmeno chi sia e neanche conoscano uno specifico aneddoto che illustra meglio di ogni revisione critica la necessità di ricusare le sue teorie. L’evento riguarda una lezione universitaria nella quale il professore venne sputtanato da un suo studente riguardo la verità sul numero dei pianeti nel sistema solare, osservati da un astronomo in numero diverso da quello teorizzato nelle deduzioni del filosofo, il quale irato rispose: “Se i fatti non sono d'accordo con la teoria, tanto peggio per la realtà!”. Questa isterica frase di Hegel venne pure citata in un carteggio fra Charles Darwin e suo fratello, il quale la riportava per difendere dalle massicce prove contrarie e dalle incongruenze biologiche l’assurda teoria di Charles secondo la quale l’uomo discende dalla scimmia (eh sì, se non ti sei posto la domanda su come mai l’altra decina di famiglie di scimmie antropomorfe in milioni di anni di evoluzione non hanno subito che modifiche marginali mentre noi ci siamo casualmente trasformati in semidei rispetto alla scimmia media, e hai creduto pure all’Eva mitocondriale e all’Adamo cromosomiale, possono davvero convincerti di qualsiasi cosa).
Insomma, Hegel è il padre del pensiero moderno, ovvero quel bi-pensiero irrazionalista che ha trasformato la conoscenza in propaganda volta alla diffusione e al consolidamento delle ideologie e delle pratiche del massonico potere-ombra dietro ai governi di servi che decidono quotidianamente della nostra vita, e per effetto di questa concezione del sapere oggi la gente può credere a tutto senza mai interrogarsi su nulla, legittimata da quello stesso principio di autorità che rese impossibile al nostro Cicerone discutere con i seguaci di Pitagora, stremò i critici di Aristotele nel medioevo, e logora adesso tutte le persone intelligenti che leggono, si informano, si documentano, operano confronti critici e ragionano deduttivamente, considerati pericolosi fascisti costretti a informarsi su Telegram e affini nel tentativo di eludere il fact-checking, la longa manus degli Avengers nell’editoria atlantista, che poi è tutta quella occidentale, una pratica più comunemente nota come censura e mistificazione della realtà. Come detto e ridetto, contano le teorie che piacciono a chi comanda, ovvero a chi può trarne profitto; dei fatti e della Verità oggi non importa niente a nessuno, se non a un manipolo di disadattati del quale orgogliosamente faccio parte anch’io.
Vabbè, mi sono sfogato bastantemente, adesso la smetto, saturo delle mie stesse invettive, e concludo con questo ultimo strale lo sproloquio chiedendomi turbato: “Se il sonno della ragione genera mostri, cosa genera il sonno dell’anima?”. Alzo gli occhi e vedo intorno a me eserciti di ilici con in mano lo smartphone e ho subitanea la risposta: morti viventi. E non semplici zombie romeriani guidati solo dall’istinto della fame, ma automi teleguidati da entità che li divorano e li parassitano, la cui possessione ai loro danni inizia sin da bambini, esattamente come diceva l’animismo sciamanico migliaia di anni fa, e pure questo lo approfondirò nella seconda parte di questo post.